Portale del Circolo del PD di San Marco in Lamis

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martedì 31 luglio 2007

Un partito aperto, plurale, di governo

Ad Orvieto, nell’ottobre del 2006, il gruppo di lavoro sulla forma del Partito Democratico aveva proposto ed aderito a tre obiettivi di fondo: il partito democratico come forma politica aperta, plurale e con capacità di governo.
Al termine di una discussione ampia, ricca ed articolata, si era convenuto di considerare tali obiettivi quale base di lavoro per la discussione necessaria alla definizione della forma del partito, del suo Manifesto e della susseguente sua costituzione.
Sono trascorsi 9 mesi e tanto si è fatto e detto sul partito nascente, ma noi oggi condividiamo soprattutto quei tre obiettivi che furono punto di partenza dell’avventura democratica del PD.
In primo luogo il PD come un partito aperto: è ormai una necessità storica e sociale che vi sia una forza politica popolare, fondata su un’intensa vita democratica, partecipata da ogni strato e condizione sociale, radicata e diffusa nel territorio nazionale, ma con le vive e propositive peculiarità regionali e locali. Le attività del partito devono essere in grado di rispondere alla pluralità delle domande, di coinvolgere i lavoratori, i giovani, le donne, i pensionati e l’intera società civile, di dare risposta alle esigenze che provengono dalla nostra società, una società complessa e problematica come è quella italiana, pugliese, sammarchese.
Il Partito Democratico deve dunque promuovere percorsi articolati e ricchi di impegno politico, civile e sociale che sappiano dare risposte concrete, che guardino all’avvenire con un ottica di lungo raggio, coinvolgendo come attori primari tutti i cittadini.
Apertura significa anche coinvolgere e coordinare la pluralità delle forme organizzative di base: le sezioni, i circoli, i movimenti, le molteplici esperienze associative che concorreranno alla vita del partito democratico.
Il Partito democratico dovrà inoltre essere aperto soprattutto alla partecipazione delle donne e dei giovani, garantirne la presenza e il contributo negli organi dirigenti.
Non per nulla il regolamento delle Primarie, approvato l'11 luglio scorso, riserva il 50% delle candidature alle donne e permette anche ai giovani di 16 anni di candidarsi e di votare.
In secondo luogo un partito plurale. Plurale nei contenuti, negli obiettivi, ma anche nella partecipazione poltica e sociale dei suoi appartenenti. Il PD vuole essere sì un partito di progetto e di programma ma anche un soggetto politico che riconosca il pluralismo culturale e politico e che riconosca e garantisca il ruolo delle minoranze.
Un partito che ambisca ad essere una casa accogliente, più funzionale, più grande, ha bisogno di un ricco pluralismo dentro una struttura solida ed unitaria.In terzo luogo un partito per la democrazia governante, un partito capace di governare e di trasformare il paese.
Condividiamo perciò l’importanza delle primarie non solo come momento di grande partecipazione democratica, ma anche come metodo per la selezione dei candidati alle future cariche di governo. Un mandato che viene dal basso, dal popolo e che legittima il ruolo, l’impegno, le responsabilità degli eletti.
Ci auguriamo che l’elezione diretta del leader da parte degli aderenti possa coincidere con la scelta del candidato alla premiership del governo centrale.
Inoltre la democrazia governate non può che prendere le mosse da un modello federale (ovvero una vera e propria federazione tra i vari partiti democratici regionali: pugliese, toscano, lombardo…) che valorizzi l’autonomia e le peculiarità delle organizzazioni ed esigentze territoriali. Siamo certi che queste sono le strade da percorrere e che queste scelte saranno infine vincenti.

Paolo Soccio


lunedì 30 luglio 2007

Il partito "nuovo"

Se sarà il partito di Walter Veltroni potrebbe essere quello dell' "I care" , cioè del "mi occupo di te" , e potrebbe essere la grande novità culturale e politica per l'ormai morente sistema partitico italiano. Ciò vorrebbe anche dire che il tempo delle grandi masse anonime e onnicomprensive - in tema di diritti, interessi, aspettative civili - è finito. Andremmo così a illuminare il vasto e variegato mondo delle cittadine e dei cittadini consapevoli , ciascuno portatore di idealità e valori suoi propri, ma ,al tempo stesso, coscienti che solo mettendosi insieme e comprendendo le aspettative degli altri si potrebbe progredire tutti. Sarebbe una magnifica novità, un fantastico avanzare per tutti coloro che nel corso del secolo appena trascorso hanno creduto in valori sociali e civili che partivano dagli ultimi , dagli emarginati perchè ciascuno di essi potesse avere le opportunità per emanciparsi e mettere al servizio di tutti le proprie potenzialità.

A questo soprattutto molti di noi pensano quando immaginano il Partito Democratico e lo immaginano "nuovo", cioè senza gli orpelli della vecchia politica del personalismo e delle rendite di posizione; "nuovo" perchè delle giovani generazioni che vogliono innovare non solo la politica , ma le professioni , la pubblica amministrazione, la scuola, l'economia;

"nuovo" perchè laico e rispettoso delle idee di

ciascuno e di tutti, senza steccati , senza recinti ideologici, geografici, di censo.

Ecco perchè molti sono alla finestra, perché non sono ancora ben definiti i contorni ideali e culturali del soggetto politico che va nascendo: non i contenitori, non le "chiese" entro cui rincantucciarsi per paura delle novità di ogni tipo che attravesano l'universo mondo interessano a tanti, ma di quello che ci andremo a mettere dentro e delle modalità con le quali andranno coniugate quelle idealità . Dei modi, cioè, con i quali andranno scelti gli uomini e le donne che le rappresenteranno e cercheranno con tutte le loro forze di affermarle. Bene, allora, i riferimenti ideali e culturali se si chiamano Don Milani, Gandhi, Luther King, Bob Kennedy , ma anche Berlinguer, Aldo Moro, Dossetti, Vittorio Foa e tanti altri, che pur da visioni non coincidenti, hanno con il loro impegno reso chiari gli obbiettivi e le tappe per raggiungerli.

Ce la faremo? Io credo di sì , a un patto però: che tutti quelli che hanno attraversato le stagioni della politica degli ultimi vent'anni (senza abbandonare il campo, però, che sarebbe inutile se non controproducente) usino tutta la loro sagacia , tutto il loro impegno perchè volti giovani e freschi possano dire la loro e cimentarsi con le sfide che ad un partito nuovo nessariamente si impongono.

Antonio Cera

PARTITO DEMOCRATICO: LA GRANDE OCCASIONE

I grandi paesi europei hanno sempre guardato alla politica italiana con un misto di scetticismo e ironia per le stranezze e le aberrazioni del nostro mondo politico. Eppure, nell’ottobre 2005 vi è stato un avvenimento nella politica italiana così innovativo da suscitare l’interesse dell’intera europa: le primarie del centrosinistra. Per la prima volta nella vecchia europa gli elettori di una coalizione politica (ben 4.500.000) sceglievano direttamente con il proprio voto chi doveva guidare il proprio assembramento. Un evento senza precedenti.
In verità, noi italiani abbiamo la strana capacità di ingigantire i nostri limiti e sottovalutare le cose buone che riusciamo a fare e ciò è successo anche per le primarie. Eppure in una sinistra europea in crisi di identità si comincia a prendere ad esempio il modello italiano delle primarie e non solo. Sta avvenendo questo anche per un altro tema che suscita l’interesse delle forze della sinistra europea ed è quello del Partito Democratico. Soprattutto in Francia, dopo l’ennesima sconfitta dei Socialisti, si è cominciata una discussione sulla necessità di rifondare la sinistra e di confrontarsi con il centro per allargare un fronte politico troppo esiguo e poco rappresentativo, incapace di proporre un modello di società che convinca sufficientemente l’elettorato. E’ necessario trovare l’antidoto al modello di società proposto dalla destra, che è poi un mix di individualismo, intolleranza e qualunquismo. Il Partito Democratico è la risposta.
Ha ragione Fassino quando dice che il Partito Democratico non serve solo al centro sinistra, ma serve all’Italia. Perché l’Italia, e l’elevato tasso di litigiosità nel governo lo dimostra, ha bisogno di un soggetto politico forte, rappresentativo ed in grado di affrontare quella fase di riforme di cui il nostro paese ha urgente bisogno pena un inevitabile declino.

Le baruffe di questi giorni, tra destra e sinistra, tra centro e sinistra, tra destra e destra, sono sotto gli occhi di tutti. Con un sistema politico così frammentato, dove ognuno guarda solo alla difesa del suo piccolo interesse, dove si preferisce essere generali di un esercito sparuto piuttosto che parte di un grande progetto di cambiamento l’Italia rischia di soffocare. Al contrario, oggi più di ieri, c’è bisogno di una visione di prospettiva.
E’ ovvio che non basta dire che si vuole fare un nuovo partito per cambiare lo scenario politico. C’è bisogno che questo partito nuovo sappia cogliere l’occasione per riformare profondamente la politica. Il successo di vendite del libro “La casta”, in cui si mette alla berlina tutto il malcostume della politica italiana, deve far riflettere.
Un partito veramente nuovo deve contribuire a ridurre i costi della politica, permettere un reale avvicendamento rinnovando il ceto politico, favorendo l’ingresso delle donne e di quelli che si sentono lontani dalla politica, soprattutto i giovani.

Il 14 ottobre 2007 può essere l’ultima grande occasione per un nuovo inizio.
Tocca a noi, ad ognuno di noi, saperla cogliere.

Michelangelo Lombardi

sabato 28 luglio 2007

Bersani: idee per un partito nuovo

Nel nostro percorso verso il partito democratico si deve aprire un confronto di idee fino a qui un po’ trascurato in nome di altre esigenze. Sostengo la candidatura di Walter Veltroni con convinzione e con le mie convinzioni; ho inteso esprimerne alcune sperando che siano di qualche utilità per la discussione che dovremo fare sul profilo del partito nuovo e sul messaggio fondamentale che dovrà rivolgere al Paese.
Il solco profondo che si è aperto fra politica e società è certamente figlio di un sistema politico istituzionale irrisolto ed eternamente in transizione. Tuttavia quel solco va letto anche dal lato della società. La società non esprime solo spinte positive e dinamiche, che pure ci sono. Chi è investito dalla competizione globale, direttamente o indirettamente, ha i nervi tesi; chi pensa di potersene mettere al riparo si chiude in casematte difensive corporative, localistiche o relazionali. Alla lunga, casematte di carta.
Emergono dunque forme di dissociazione e di “anarchismo” nel profondo della società; come se
la globalizzazione fosse il pettine a cui giungono i nodi antichi del particolarismo italiano. La destra, nei suoi necessari tratti populistici, propone un modello di leadership che dice ad ogni italiano: fai quello che vuoi. La leadership che noi dobbiamo esprimere è alternativa e non può che partire da un richiamo forte alla cittadinanza comune e ad una nuova stagione di civismo.
I soggetti più dinamici, le coscienze più mature, le sensibilità più fresche e giovani del nostro Paese riconoscono infatti che se la politica è colpevole, non per questo tutta la società è innocente.
Un messaggio così forte e diretto può essere dato credibilmente solo da un soggetto politico che soffra in modo visibile di uno sforzo di rinnovamento, che dimostri di mettersi veramente in gioco, che abbia un linguaggio inedito per verità, precisione e concretezza. Il linguaggio tuttavia non è un ornamento ma è la natura stessa di un partito. Infatti solo un partito in cui le leadership si selezionano su basi politiche e programmatiche leggibili, può pronunciare parole
chiare al Paese e illuminare l’azione di governo. L’alternativa sarebbe quella di imitare malamente “da sinistra” le venature populiste, comunque inarrivabili, della destra.
Un partito con un nuovo linguaggio è dunque un partito delle riforme; riforme ispirate da una visione del Paese e dalla capacità di ricavare dai propri valori di riferimento un avanzamento generale della società.
Quali valori di riferimento? Quelli propri di una nuova e grande sinistra democratica e popolare.
La parola sinistra non deve essere lasciata incustodita, deve invece essere riempita di cose nuove.
L’idea dell’uguale libertà e dignità di tutti
gli esseri umani, che è fondamento ineliminabile della stessa nozione di sinistra, può essere una spinta formidabile per l’avanzamento dell’intera nostra società.
Se questo non ci appare più tanto
chiaro è perché abbiamo legato quella grande idea a simulacri di antiche conquiste che oggi non sempre incidono sulla realtà. Possiamo accettare che l’Italia sia, fra i grandi paesi dell’occidente, quello con il grado minore di mobilità sociale e con la disparità maggiore fra i redditi? Mobilità sociale e coesione non devono
più sembrarci un ossimoro. Mobilità sociale, società aperta e coesione sono un progetto che dobbiamo raffigurare nella coraggiosa concretezza di un programma.
Rinnovare i valori di una sinistra democratica e popolare significa tornare a coltivare nelle condizioni nuove i suoi grandi e storici campi d’azione: il lavoro e la democrazia. Dobbiamo dunque costruire un partito del lavoro e della cittadinanza. Se nessuno nel nuovo secolo accetterà di definirsi solo “lavoratore” è in ragione delle conquiste del vecchio secolo. Tuttavia il lavoro resterà per noi il primo diritto di cittadinanza. Due pilastri hanno consentito che il lavoro non fosse una merce qualsiasi: il diritto e l’autorganizzazione. Bisogna rinnovarli entrambi.
Fare argine all’enorme pressione che viene sul lavoro dal processo di globalizzazione non significa impedirsi di guardare avanti, all’emergere di percorsi qualitativi e partecipativi indotti dalla necessaria condivisione delle conoscenze; all’articolazione dei lavori che rischia di diventare atomizzazione senza forme nuove di rappresentanza; al determinarsi di zone d’ombra inedite e di terre di nessuno, al nuovo significato del lavoro autonomo e imprenditoriale e ai valori che esprime. Anche il tema della democrazia è un campo privilegiato di combattimento e di riforme per il partito nuovo. La democrazia è un metodo per decidere attraverso la partecipazione e non per partecipare a prescindere dalla decisione. Diversamente la democrazia perde legittimazione. Riforme nei “rami alti” dunque (istituzioni, legge elettorale) ma
anche tempi certi e clausole di chiusura della decisione in ogni procedimento pubblico, garantendo comunque la partecipazione. La partecipazione dovrà qualificarsi e rafforzarsi sui temi eticamente sensibili. Con l’avanzare della
scienza, più le decisioni pubbliche saranno delicate, più saranno transitorie e fallibili. In questa materia non serve un partito che giuri sulle singole soluzioni ma un partito che proponga nuove forme di discussione pubblica e di concorso alla decisione, e cioè nuove procedure. Tutt’altro campo è quello dei diritti civili di cui un partito nuovo deve farsi promotore secondo quei rigorosi principi di laicità dello stato sui quali la cultura cattolico-democratica si è particolarmente e spesso dolorosamente sperimentata. L’efficacia del principio democratico si esercita oggi altresì nella rigorosa tutela dei diritti del cittadino-consumatore-utente, che non è suddito né della pubblica amministrazione né dei soggetti di mercato e che deve trovare nelle politiche pubbliche riferimenti concreti ed esigibili. Infine, ma non per ultimo, si dovrà far crescere nel senso comune la coscienza di una radicale novità. Con la globalizzazione la democrazia, nella dimensione nazionale e locale e particolarmente in campo economico, si organizza pericolosamente su sovranità parziali e spesso fittizie. Di fronte a molti problemi si disarticola ormai il rapporto fra centri decisionali effettivi e meccanismi istituzionali e di partecipazione; così la politica, perdendo via via funzione, è esposta a scorciatoie demagogiche. Tutto questo va affrontato con una nuova razionalità; non proteggendosi dalle “sovranità” esterne ma proponendosi una doppia sfida; società aperta e progressivo controllo democratico degli effetti della globalizzazione. Una vera integrazione europea è il primo e ineludibile banco di prova di questa sfida.
Coesione e mobilità sociale saranno i cardini del progetto. La coesione si sorregge su alcuni pilastri. L’impianto universalistico delle fondamentali politiche sociali (di fronte a bisogni essenziali nel campo della legalità e della
sicurezza, della salute, dell’istruzione non ci può essere né povero né ricco). Ciò pretende polso fermo nel garantire sostenibilità economica, buona organizzazione, flessibilità, sussidiarietà nei principali istituti di welfare. Un nuovo patto
fiscale. Ciò significa, assieme alla riqualificazione della spesa pubblica e alla riduzione del debito, ricondurre l’evasione fiscale a livello europeo attraverso meccanismi che riversino stabilmente una parte dei risultati della lotta all’evasione a
sollievo dei contribuenti onesti e più esposti, garantendo stabilità delle procedureamministrative. Una nuova cultura dell’unità del Paese. Gli italiani del sud soffrono particolarmente della privazione di diritti di cittadinanza in termini di legalità e di prestazioni di servizi essenziali. Le risorse e gli sforzi devono concentrarsi lì, perché è lì il blocco fondamentale della vitalità economica. Gli italiani del nord soffrono particolarmente del distacco fra dinamismo economico-sociale e sclerosi dello Stato. Non si tratta tanto di superare “ritardi” fra sud e nord ma di ritrovarsi tutti in un’Italia cambiata. La modernizzazione del Paese è la prima politica meridionalista. Senza muovere le risorse potenziali del mezzogiorno il Paese non cresce. Tutto questo non può avvenire se le energie del nord non possono esprimersi
pienamente e si sentono estraniate da una dimensione e da una “missione” nazionali. Un federalismo fiscale equilibrato darà un contributo di coesione. Il rischio di dissociazione del sistema viene infatti dalla disarticolazione fra competenze e responsabilità e dall’assenza della dimensione regionale e locale nell’attuale assetto bicamerale del Parlamento. L’obiettivo di maggiore mobilità sociale genera un vasto programma di riforme nelle più diverse direzioni. Nella concretezza di queste riforme, agli occhi delle nuove generazioni la destra populista e corporativa dovrà restituirci la parola libertà. Non c’è settore dell’economia e della finanza, dell’organizzazione sociale, delle professioni e dei mestieri, della scienza e dell’università che non sia segnato in una qualche misura da meccanismi relazionali, corporativi o monopolistici. Questi meccanismi vanno nominati ad uno ad uno e smantellati o corretti radicalmente con l’iniziativa legislativa e, laddove possibile e necessario, con l’iniziativa popolare e referendaria. Maggior dinamismo, dunque, nei percorsi di vita, di lavoro, di attività economica e sociale: se si cambia un po’ tutti, tutti possiamo stare meglio; se stiamo con chi bussa alla porta e non con chi la tiene chiusa possiamo darci un futuro. La dignità del cittadino
e il civismo che si esprime nel lavorare e nel produrre deve ottenere un riconoscimento vero dalla pubblica amministrazione. L’attività di impresa deve potersi svolgere dentro regole razionali e amichevoli perché intraprendere nelle regole è di per sé espressione di civismo.
La destra ha interesse ad una cattiva reputazione della pubblica amministrazione. Noi non possiamo dare credibilità alle nostre politiche senza una buona reputazione della pubblica amministrazione e senza valorizzarne la funzione di servizio. La riforma della pubblica amministrazione sempre evocata deve prendere la concretezza di progetti di riorganizzazione ad ogni livello, spostando risorse da vecchie a nuove funzioni, utilizzando tecnologie e riducendo il
peso di vincoli normativi.
Non è tempo oggi di formulare programmi. Basterà ricordare che il messaggio programmatico di un partito nuovo dovrà
riconoscere una esigenza di chiarezza e un vincolo di razionalità. Per esempio, se si vuole crescita economica e welfare sostenibile con la nostra demografia non si può prescindere dall’immigrazione, che va meglio regolata
secondo principi di accoglienza e di legalità; se si vuole avere nel futuro un sistema pensionistico non si può, al netto di lavori particolari, evitare il collegamento fra aspettative di vita ed età lavorativa; se si vuole mettere al centro delle politiche la questione ambientale bisogna riconoscere che il miglioramento dei bilanci ambientali comporta più cose da fare che cose da impedire; se si vuole mobilitare le energie femminili non si può prescindere da azioni positive concrete, a cominciare dalle quote. Il profilo programmatico del partito nuovo si rivolge con nettezza al Paese e non incorpora le
alleanze. Le alleanze ci vogliono, ma un partito è a vocazione maggioritaria non se e quando diventa maggioritario ma se e quando si mostra disposto ad attraversare il deserto in nome delle sue fondamentali idee.
I compiti essenziali del partito nuovo sono la ricomposizione del rapporto fra politica e società e l’affermazione di un progetto unificante di cambiamento. Bisogna dunque immaginarne non la leggerezza ma il radicamento. Creare un
canale di scorrimento fra politica e società significa fare un partito politico e della società civile.
Un partito aperto e ricco di forme inedite di
partecipazione ma di una partecipazione che sia essa stessa formazione alla politica. Un partito federale a base regionale, che trovi in ogni dimensione locale i suoi fondamentali luoghi di
vita e di selezione delle leadership. I meccanismi utili per la fase costituente non possono rappresentare la fisiologia del nuovo partito.
L’avvio della fase successiva all’assemblea costituente, quella cioè della vera e propria costruzione del partito, ci aiuterà a superare caratteri di verticismo, di composizione fra gruppi dirigenti, di carenza di confronto fra piattaforme politiche e programmatiche che abbiamo inevitabilmente sofferto fin qui. Le urgenze della situazione politica possono da un lato ridurre i percorsi di costruzione del partito e dall’altro rubargli l’orizzonte. Non possiamo permettercelo, semplicemente perché un partito nuovo non lo si può fare ogni anno e un partito del secolo non può nascere con una impronta troppo segnata dalle esigenze del momento né con una conformazione improvvisata o casuale. Nei prossimi mesi saremo in grado di fare entrambe le cose: affrontare la situazione politica sostenendo l’azione di governo e, allo stesso tempo, lavorare in profondità e con generosità alla costruzione del partito democratico senza schiacciarlo sul presente ma regalandolo al futuro.
Pierluigi Bersani

Un partito dei cittadini


Domenica 14 ottobre i cittadini che si riconoscono nel progetto politico, ideale e programmatico del Partito Democratico saranno chiamati al voto in tutta Italia per eleggere direttamente il nuovo segretario nazionale e la platea dei 2500 delegati all’Assemblea Costituente. Non è, questo, un appuntamento politico di routine. Per la prima volta nella storia dell’Italia, ma anche di tanti altri paesi di grande tradizione democratica, i cittadini saranno i protagonisti della fondazione di un partito, superando così in avanti la prassi che vuole che siano ristrette élite a dare vita a nuove formazioni. E’ questa una vera e propria rivoluzione, di cui è bene cogliere per intero il grande significato democratico.
Di fronte al dilagare di partiti personali che nascono come funghi sulle esigenze di qualcuno, si vuole invertire una rotta negativa e dare vita invece ad un partito di larga base popolare, a un partito di popolo, in cui i cittadini siano chiamati a dire la loro opinione non una volta soltanto, ma ad essere attivi costruttori di un soggetto politico nuovo.
Questa esigenza, del resto, è fortemente avvertita dalla separazione sempre più marcata che vi è tra cittadini e partiti, dalla vita sempre più asfittica di organizzazioni che si presentano sempre più come caste chiuse. E’ ora che un partito ritorni a fare un bagno di folla, ad aprire porte e finestre per far entrare
vento fresco, a sentire e capire gli umori dei cittadini, a coinvolgere, a cogliere la voglia di rinnovamento, di protagonismo, di trasparenza. La formazione del Partito Democratico non è un’occasione soltanto per gli elettori di centrosinistra che guardano al metodo riformista come strumento per gover-nare un paese, una comunità. E’ una grande opportunità per l’Italia intera, che ha un sistema politico frantumato, dove il potere non sempre si sposa con la responsabilità, dove il merito viene spesso schiacciato dalle conoscenze, dove le distanze sociali si allargano sempre di più configurando una società più ingiusta.
L’Italia ha bisogno di uno scatto, di un colpo di reni capace di dare nuove speranze a tutti. E il fatto che il meccanismo del regolamento impone che nelle liste siano rappresentati in eguale misura le donne e gli uomini e che a votare siano ammessi anche i ragazzi che hanno compiuto sedici anni, sta a significare che il Partito Democratico vuole guardare al futuro, a quella parte del paese più fresca e creativa che oggi viene purtroppo tenuta ai margini, ma che costituisce il muro maestro della società di domani.
Walter Veltroni, nel suo discorso di Torino con il quale ha annunciato la sua candidatura a segretario nazionale del nuovo partito, ha detto che il PD vuole rappresentare il Paese che pensa positivo, che vuole voltare pagina, che guarda al futuro. Per questa prospettiva di una nuova Italia e di un nuovo Mezzogiorno,
siamo tutti chiamati a lavorare.


Michele Galante

venerdì 27 luglio 2007

Un partito delle pari opportunità

Da oltre un decennio assistiamo spaesati alla crescente affermazione di stili di comportamento, sociale e politico, che travolgono le abitudini, sradicano le regole e calpestano i diritti dei cittadini.
Il PD rappresenta l’orizzonte strategico verso il quale convogliare i progetti, le idee e la voglia di partecipare di quanti pensano che il nostro Paese meriti più democrazia, più libertà e più giustizia. Perché solo con la nascita del PD sarà possibile saper rappresentare degnamente il bisogno di cambiamento e innovazione e rispondere con efficacia alla richiesta di nuova politica e di nuova unità.
Il PD deve nascere attraverso la partecipazione attiva, in primis con lo strumento delle primarie, di tanti cittadini, come di militanti di partito e gente comune, donne e uomini, esponenti delle istituzioni e movimenti, amministratori locali e associazioni.
Solo attraverso questo processo il nuovo PD potrà davvero sviluppare la sua funzione essenziale e principale, cioè di consolidare un soggetto politico di massa, capace di incidere profondamente sugli equilibri e le dinamiche del nostro sistema politico, generando riforme e soluzioni in grado di migliorare concretamente il sistema di unità, di relazioni e di lavoro del nostro paese.
Con il PD si vuole innanzi tutto contribuire a costruire una società fondata sul riconoscimento dei pari diritti e delle pari opportunità per ogni persona.
Una società che scommette sulle risorse femminili, colmando lo scarto enorme tra il patrimonio di sapere, di conoscenza, di esperienza pratica che le donne esprimono e il ruolo che ad esse viene riconosciuto nel lavoro, nelle professioni, nella politica.
Con il PD si vuole un’Italia che liberi le donne dagli ostacoli che ne impediscono l’accesso al lavoro e l’affermazione professionale, con politiche di formazione e servizi che concilino lavoro e vita personale, con incentivi che promuovano ogni forma di occupazione e accrescano in particolare il livello di occupazione femminile, con tutela e diritti che contrastino la precarietà, con incentivi all’imprenditoria femminile e alla valorizzazione delle capacità delle donne. C’è bisogno di un’Italia che cambi il suo sistema di protezione sociale con servizi per le persone e la famiglia, che aiuti a crescere i bambini e i figli.
Bisogna favorire, anche con strumenti legislativi, l’accesso delle donne ad incarichi e funzioni dirigenti di ogni ordine e grado, rimuovendo del tutto gli ostacoli discriminatori tuttora esistenti.
Adesso comincia una bella avventura che porterà alla nascita di un PD molto aperto, che sappia aggregare le nostre speranze, i nostri sogni, senza dimenticare naturalmente le nostre radici.

Loredana Leggieri

sabato 21 luglio 2007

Il discorso al "Lingotto" di Walter Veltroni

"Un'Italia unita, moderna e giusta"

Il discorso integrale di presentazione della candidatura
di WALTER VELTRONI

Torino, Lingotto
27 giugno 2007

Fare un'Italia nuova. E' questa la ragione, la missione, il senso del Partito democratico.
Riunire l'Italia, farla sentire di nuovo una grande nazione, cosciente e orgogliosa di sé.
Unire gli italiani, unire ciò che oggi viene contrapposto: Nord e Sud, giovani e anziani, operai e lavoratori autonomi.
Ridare speranza ai nuovi italiani, ai ragazzi di questo Paese convinti, per la prima volta dal dopoguerra, che il futuro faccia paura, che il loro destino sia l'insicurezza sociale e personale.
Per questo nasce il Partito democratico. Che si chiamerà così. A indicare un'identità che si definisce con la più grande conquista del Novecento: la coscienza che le comunità umane possono esistere e convivere solo con la libertà individuale e collettiva, con la piena libertà delle idee e la libertà di intraprendere. Con la libertà intrecciata alla giustizia sociale e all'irrinunciabile tensione all'uguaglianza degli individui, che oggi vuol dire garanzia delle stesse opportunità per ognuno.
Il Partito democratico, il partito di chi crede che la crescita economica e l'equa ripartizione della ricchezza non siano obiettivi in conflitto, e che senza l'una non vi potrà essere l'altra.
Il Partito democratico, il partito dell'innovazione, del cambiamento realistico e radicale, della sfida ai conservatorismi, di destra e di sinistra, che paralizzano il nostro Paese.
Il Partito democratico, il partito che dovrà dare l'ultima spallata a quel muro che per troppo tempo ha resistito e che ha ostacolato la piena irruzione della soggettività femminile nella decisione politica e nella vita del Paese. La rivoluzione delle donne ha affermato in tutte le culture politiche il principio del riconoscimento della differenza di genere come elemento costitutivo di una democrazia moderna. E' questa esperienza che dovrà essere decisiva, fin dal momento della fondazione del nostro partito.
...

Per leggere il testo integrale del discorso di Veltroni
clicca QUI

venerdì 20 luglio 2007

Intervista al segretario regionale DS Michele Mazzarano

16 luglio 2007. Incontriamo il Segretario regionale dei DS, Michele Mazzarano, presso la Federazione di Foggia.

D: Segretario, ci stiamo avvicinando alle primarie del 14 ottobre e quindi alla costituzione del Partito Democratico.Perché innanzitutto esso si presenta non come un "nuovo partito" ma come un "partito nuovo"?

R: Perché la democrazia italiana ha bisogno di un partito nuovo e differente dagli altri, capace di unire le culture e le forze politiche del riformismo: quelle che si ispirano ai valori del socialismo, quelle liberaldemocratiche, quelle di matrice laica, quelle del cattolicesimo democratico, quelle ecologiste, in un’unica, nuova , forza politica.
L'intento del costituendo partito è riunire i riformisti de L'Unione, in continuità con le esperienze de L'Ulivo. Il Partito Democratico può e deve distinguersi gia prima della sua nascita. Deve essere un partito diverso, che, con le primarie del 14 ottobre, nasce in maniera diversa.
I Democratici di Sinistra devono riuscire ad unire esperienze consolidate e forze nuove. Noi siamo pronti per accettare la sfida del cambiamento che il PD ci pone. Con l'aiuto di tutti dunque non faremo un nuovo partito, ce ne sono già troppi...ma un partito nuovo.

D: Qualche italiano lontano dalla politica potrebbe chiederci: perchè un partito nuovo? Ce n'era veramente bisogno? Invece molti degli elettori del centro-sinistra, e non solo, ritengono che l'avvento del Partito Democratico sia ormai un fatto necessario ed ineludibile, tant'è che negli ultimi mesi si è accelerato notevolmente il processo che ne porterà alla nascita.
Le chiedo: perchè proprio in questo momento storico?

R: Credo sia giusto porsi questi interrogativi, ma se mi chiede se c’è realmente bisogno di un partito nuovo non posso che rispondere sì, c’è un enorme bisogno, così come risulta utile una accelerazione alla sua costituzione. Accelerazione tanto più necessaria in quanto è divenuta evidente la necessità di superare i limiti del nostro bipolarismo.
L'idea del partito democratico non è di oggi; ha radici nel dibattito confuso di questi anni, tra spinte di movimenti elitari e resistenze di partiti solo restaurati.
Negli ultimi dieci anni, tutti i partiti storici hanno intrapreso un complesso percorso di rinnovamento, hanno suscitato aspettative e consapevolezze maggiori nei cittadini che oggi richiedono scelte politiche più incisive e responsabili.
Un nuovo partito deve anzitutto rispondere alle domande che vengono dalla società italiana e alle sfide che si pongono nel contesto europeo e internazionale.
Il sistema dei partiti di massa che ha fatto la Repubblica
e la Costituzione, che ha accompagnato il Paese nella sua straordinaria crescita economica, sociale e civile, ha iniziato a mostrare già da tempio tutti suoi limiti.
Dunque un partito nuovo che deve anzitutto rispondere a domande vere e profonde di una società dalle esigenze assai diverse rispetto al passato ma di sicuro non meno impegnative. Nella società italiana di oggi vi sono infatti milioni di operatori economici, di lavoratori dipendenti e autonomi, milioni di ragazzi e ragazze che studiano e si formano alle sfide del mondo contemporaneo.
Vi è una nuova consapevolezza delle donne nella
partecipazione alla vita sociale e pubblica. Vi sono anziani che, forse per la prima volta, vivono una lunga vita di pensione in condizioni di maggior salute e serenità.
Tutto ciò configura una esigenza di maturazione della nostra democrazia che non può avvenire senza il contributo significativo di proposte politiche e di partiti nuovi che assumano la responsabilità di trasformare le istanze popolari in proposte riformatrici e azioni politiche incisive.

D: Il PD pare si configurerà come una confederazione, ovvero ogni partito democratico regionale avrà delle peculiarità, delle specificità, eventualmente esigenze ed obiettivi anche differenti rispetto agli altri.
Quali opportunità e quali prospettive politiche e di sviluppo.

La vicenda pugliese è sintomo e conferma di un grande fermento politico, che va osservato con molta attenzione. Il centrosinistra sta guidando bene la Regione, le Province e i comuni in cui governa. Ma per un rapporto più proficuo tra i vari livelli istituzionali manca una spina dorsale che unifichi politicamente le esperienze di governo, questa spina dorsale non può che essere il Partito Democratico.
In questo senso l'esperienza di governo a Bari è tra le più significative e produttive del centrosinistra.
L'esperienza politica della "lista Emiliano" oggettivamente s'incontra con il Partito democratico

D: E' stato pubblicato il regolamento per la preparazione e l'eslpetamento delle elezioni primarie. Una delle grosse novità è certamente il fatto che i candidati all'assemblea nazionale e a quelle regionali dovranno essere divisi in maniera eguale tra i due sessi. Ritiene ciò una eccessiva forzatura del regolamento, una semplice riproposizione la questione delle "quote rosa", o una grande opportunità per le donne?

R: Ritengo questa una grande opportunità per le donne.
Assegnare alle donne il 50 per cento dei posti di capolista nelle liste rappresenta un importante svolta nello scenario politico italiano.
La presenza delle donne è necessaria, indispensabile a qualsiasi processo di rinnovamento e di sviluppo della società. Solo nel confronto di idee, di talenti, di competenze e di ruoli si cresce. Il Pd è, e deve essere questo.
Il sistema di regole per l’Assemblea costituente non deve essere materia astrusa e difficile da comprendere. Può essere considerato un esperimento, un esperimento da offrire alla riforma dei meccanismi elettorali, di cui tanto si discute.
Il sistema di regole per l’Assemblea costituente non deve essere materia astrusa e difficile da comprendere. Può essere considerato un esperimento, un esperimento da offrire alla riforma dei meccanismi elettorali, di cui tanto si discute. E per essere un esperimento, deve trovare la strada per portare donne e uomini, “alla pari”, nel partito nuovo che costruiamo.

D: Concludiamo con una specie di gioco: se dovesse definire il Partito Democratico con 10 aggettivi, sarebbe un partito...

R: Se dovessi usare un acronimo … direi
D democratico
E europeo
M moderno
O operoso
C concreto
R riformista
A attento
Z zelante
I indispensabile
A ambizioso

D: Grazie Segretario per la disponibilità e buon lavoro!

Intervista di Paolo Soccio



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