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lunedì 29 ottobre 2007

Il discorso di Michele Emiliano a Milano

C’era il sole a Bari il 14 ottobre. Una signora in fila, aspettando il suo turno per votare, mi ha detto: sindaco, mi raccomando, se no a votare non ci vado più, questa è l’ultima occasione.
Non sono mai stato in un partito e mi ha fatto un certo effetto pensare che la mia prima occasione coincidesse con l’ultima. Ma la signora aveva ragione.
È la mia ultima occasione. È la nostra ultima occasione. Ma una di quelle che mette i brividi, una di quelle che non capitano più. Tre milioni e mezzo di persone si sono messe in coda ai seggi, per darsi e darci una chance, per lanciarci quel bellissimo ultimatum. Tornate alla politica, quella vera. Non avete più alibi, nessuno è più disposto a perdonarvi nulla.
Milioni di persone per la prima volta nella storia hanno fondato un partito con un gesto che rappresenta l’essenza di ogni democrazia.
In questo modo hanno cambiato per sempre la politica ed assieme la loro personale prospettiva. Siamo andati a votare restando noi stessi, perché nessuno ci ha chiesto di aderire ad una ideologia e nemmeno ci ha chiesto conversioni. Abbiamo votato pensando ad un partito che sia luogo della nostra formazione e garanzia della nostra libertà.
L’otre nuovo contiene davvero il vino nuovo.
Lo stiamo immaginando al servizio delle persone, capace di orientarle ma anche più semplicemente di aiutarle. Così vogliamo costruire legami destinati a durare, a non esaurirsi nel breve volgere di una campagna elettorale. Il partito nasce per strada e non dagli studi televisivi, entrando davvero nelle case e ricostruendo la rete delle nostre relazioni.
E non può essere un caso che a guidarci in questo meraviglioso cammino sia oggi un sindaco come Walter, capace di partire e ripartire continuamente, sempre e solo dalle persone.
Parlare semplicemente e stare ad ascoltare, senza interrompere. Le nostre lingue saranno diverse e per capirci occorrerà molta pazienza. Anche un semplice sorriso sarà importante. Verrebbe da scrivere nello statuto: “sorridete a tutti, persino ai compagni di partito”.
Perché un partito di programma ha bisogno di dialogo e ascolto reciproco, altrimenti non sopravvive. Non sopravvive allo scambio, al do ut des, alla logica del “che c’è per me”.
Nasce il partito democratico, credendo sino in fondo alla costituzione repubblicana.
La vera differenza tra noi e la destra sta nel fatto che noi vogliamo rendere effettiva la carta costituzionale, crediamo davvero nel principio di uguaglianza, nel diritto alla salute e all’istruzione per tutti, in una fiscalità equa e progressiva, nell’indipendenza e nell’autonomia della magistratura, nell’Unità di Italia e nella parità di genere. Crediamo anche al principio costituzionale della efficienza ed economicità della pubblica amministrazione. E quindi della politica.
Di felicità nel fare politica abbiamo bisogno tutti. Ma soprattutto ne abbiamo bisogno noi meridionali.
Ed è forse per questo che nel Sud abbiamo votato in tantissimi, addirittura in Puglia ottenendo seggi premiali in trentatre dei trentaquattro collegi, il maggior incremento di voto rispetto alle precedenti primarie. Abbiamo aderito in massa al Partito Democratico forse perché consapevoli degli errori del passato. Luigi Sturzo diceva: “siamo abituati a domandare al governo, più che allo stato ogni aiuto, ogni intervento…sembra che si attenda un ausilio esterno, lontano, invocato, invece di creare noi il programma politico della questione meridionale, tale da divenire nostra convinzione, nostra formula, nostra forza, e farlo divenire, con la efficacia delle minoranze convinte, pensiero generale degli italiani”.
Noi pugliesi oggi fermamente pensiamo di avere iniziato da qualche anno a questa parte a mettere in pratica questi insegnamenti. Già prima del processo costituente del PD il bisogno di legalità e di identificazione in un nuovo gruppo dirigente erano state la cifra della nostra storia.
Dobbiamo ora proseguire il lavoro iniziato, chiedendoci che cosa possiamo fare noi per il Partito Democratico e non viceversa, nella consapevolezza che non si tratterà di un processo indolore, perché il nostro riscatto corrisponderà allo scardinamento di santuari e potentati cui sottrarre privilegi per aggiungere alla quota di chi ha talento o bisogno. Siamo di fronte a un partito nuovo, da costruire. Ma prima di costruire, vorrei dire che è molto importante abbattere. Fidatevi, ho una certa esperienza nel ramo, abbiamo trasformato i 350.000 metri cubi di cemento abusivo di Punta Perotti nel più grande prato della città di Bari. Per poter costruire un PD sano e forte dobbiamo dunque abbattere. Abbattere le consuetudini, che ci fanno sprecare il tempo a cercare piccole alleanze da condominio, invece di concentrarci sulle grandi sfide che attendono il Paese. Dobbiamo abbattere l’abitudine a percorrere i bui viottoli del sottopotere, e provare a correre sulle autostrade della trasparenza e della responsabilità. Dobbiamo abbattere i privilegi ingiustificati di cui godiamo, e costruire una pratica quotidiana di temperanza e di sobrietà. Ho aderito al Partito democratico perché nel regolamento delle primarie c’era scritto: “se vuoi diventare segretario del PD nella tua regione, vuoi candidarti, o sostenere una candidatura, sul sito www.partitodemocratico.it scoprirai come fare”.
Sembrava uno scherzo, ma l’abbiamo fatto davvero. Il Partito democratico e le sue regole sono una opportunità allo stato unica nel suo genere. Con queste regole, tanto elementari quanto rivoluzionarie, possiamo fornire una risposta alla crisi della politica.
Si può scegliere. Ci si può far scegliere. La mia candidatura non sarebbe stata possibile senza queste regole.
Nessuno avrebbe potuto votarmi.
Nessuno avrebbe potuto candidarmi.
Tutto sarebbe avvenuto in un congresso al quale non avrei potuto mai partecipare.
La gioia di essere qui mi spinge dunque alla speranza ed all’impegno.
Con tutte le mie forze.


da www.micheleemiliano.it

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